Ag. Entrate - Circ. 12/05/2020 n. 12 - Chiarimenti in merito alla prova delle cessioni intracomunitarie. Articolo 45-bis del Regolamento UE n. 282 del 2011, introdotto dal Regolamento UE n. 1912 del 2018
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
AGENZIA DELLE ENTRATE
Divisione Contribuenti
Settore Internazionale
CIRCOLARE N. 12
Roma, 12 maggio 2020
Oggetto: Chiarimenti in merito alla prova delle cessioni intracomunitarie. Articolo 45-bis del Regolamento UE n. 282 del 2011, introdotto dal Regolamento Ue n. 1912 del 2018.
Premessa
L'introduzione dell'articolo 45-bis del Regolamento UE di esecuzione n. 282/2011 (il "Regolamento IVA"), applicabile dal 1° gennaio 2020 [1], ha apportato significative novità alla disciplina della prova del trasporto o della spedizione dei beni verso un altro Stato membro.
La presente circolare fa il punto sulla prassi vigente in materia di prove documentali relative alle cessioni intracomunitarie, alla luce della disposizione unionale sopra citata.
1. Normativa e prassi nazionale sui mezzi di prova per le cessioni intracomunitarie
In termini generali, si ricorda che costituiscono cessioni non imponibili le cessioni a titolo oneroso di beni trasportati o spediti nel territorio di un altro Stato membro dal cedente, dall'acquirente o da terzi per loro conto, nei confronti di soggetti passivi d'imposta (articolo 41, comma 1, lettera a) del D.L. del 30 agosto 1993, n. 331). [2]
In sostanza, secondo la normativa nazionale, per la realizzazione di una cessione intracomunitaria, con la conseguente emissione di fattura non imponibile IVA, devono sussistere i seguenti requisiti:
1. onerosità dell'operazione;
2. acquisizione o trasferimento del diritto di proprietà o di altro diritto reale sui beni;
3. status di operatore economico del cedente nazionale e del cessionario comunitario;
4. effettiva movimentazione del bene dall'Italia ad un altro Stato membro, indipendentemente dal fatto che il trasporto o la spedizione avvengano a cura del cedente, del cessionario o di terzi per loro conto.
Tali requisiti devono ricorrere congiuntamente; in mancanza anche di uno solo, la cessione sarà da considerare imponibile ai fini IVA secondo le disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 ("Decreto IVA").
La legge italiana - conformandosi sul punto alla Direttiva 2006/112/CE ("Direttiva IVA") - non detta alcuna specifica disposizione in merito ai documenti che il contribuente deve conservare, ed esibire in caso di eventuale controllo, per provare l'avvenuto trasferimento del bene in un altro Stato della UE [3].
Prima dell'entrata in vigore dell'articolo 45-bis del Regolamento IVA, l'Agenzia delle entrate aveva fornito diversi chiarimenti in materia.
In particolare, nella risoluzione 25 marzo 2013, n. 19/E, richiamando anche le precedenti risoluzioni del 28 novembre 2007, n. 345/E e del 15 dicembre 2008, n. 477/E, è stato affrontato il tema della prova dell'effettiva movimentazione dei beni dall'Italia ad un altro Stato membro, indipendentemente dal fatto che il trasporto o la spedizione fossero avvenuti a cura del cedente, del cessionario o di terzi per loro conto. In quella circostanza - che traeva spunto, come la risoluzione n. 477/E del 2008, da un caso relativo alle cessioni c.d. "franco fabbrica" - è stato chiarito che, per le cessioni intracomunitarie, il CMR elettronico (la lettera di vettura internazionale regolata dalla "Convention des Marchandises par Route"), recante lo stesso contenuto di quello cartaceo, costituisce un mezzo di prova idoneo a dimostrare l'uscita della merce dal territorio nazionale. Inoltre, è stato riconosciuto, quale mezzo di prova equivalente al CMR cartaceo, un insieme di documenti dal quale si possano ricavare le medesime informazioni presenti nello stesso CMR cartaceo, nonché le firme dei soggetti coinvolti (cedente, vettore e cessionario). Tale documentazione, dalla quale deve risultare che è avvenuta la movimentazione fisica della merce e che quest'ultima abbia raggiunto un altro Stato membro, ha valore solo se conservata unitamente alle fatture di vendita, alla documentazione bancaria attestante le somme riscosse per le predette cessioni e alla documentazione relativa agli impegni contrattuali assunti nonché agli elenchi Intrastat.
Successivamente, con la risoluzione 24 luglio 2014, n. 71/E, con riferimento alla prova della cessione intracomunitaria, sono stati espressi i seguenti due principi:
1. quando non è possibile esibire il documento di trasporto sono ammissibili altri mezzi di prova idonei;
2. la prova dell'avvenuto trasferimento del bene in altro Stato membro deriva da un insieme di documenti da cui si ricava, con sufficiente evidenza, che il bene è stato trasferito dallo Stato del cedente a quello dell'acquirente.
Si ricorda, infine, che nella risposta all'interpello n. 100 pubblicata in data 8 aprile 2019 la Scrivente è tornata sul tema della prova dell'effettività di un trasporto effettuato dall'Italia verso un altro Stato membro, in relazione ad una società che poneva in essere cessioni intracomunitarie di beni sia "franco destino", sia "franco fabbrica".
In particolare, all'atto della spedizione dei beni, la società istante emetteva un documento di trasporto (DDT) con indicazione della destinazione dei beni, normalmente firmato anche dal trasportatore per presa in carico e, quando il trasporto era curato dalla stessa società, questa riceveva la fattura del trasportatore con l'indicazione dei trasporti effettuati. Oltre al DDT, la società italiana predisponeva un documento contenente:
1. l'identificativo del committente (ossia il cessionario in fattura);
2. il riferimento della fattura di vendita;
3. il riferimento della fattura logistica (documento interno);
4. la data della fattura;
5. la data del DDT;
6. la data della destinazione delle merci, del Paese di destinazione e dell'anno di ricezione delle merci stesse;
7. la seguente dichiarazione da parte del cessionario comunitario: "le merci relative alle fatture sopra indicate sono regolarmente pervenute presso il nostro terzista, il nostro deposito oppure presso i nostri negozi".
Nel parere, oltre a riconoscere l'idoneità della documentazione indicata a costituire prova dell'avvenuto trasporto intracomunitario, è stata ribadita la necessità che dai documenti siano individuabili i soggetti coinvolti, ovvero cedente, vettore e cessionario, e tutti i dati utili a definire l'operazione a cui si riferiscono. La Scrivente ha ribadito la necessità che il contribuente conservi le relative fatture di vendita, la documentazione bancaria attestante le somme riscosse in relazione alle precedenti cessioni, la documentazione relativa agli impegni contrattuali assunti e gli elenchi Intrastat.
2. Presunzione di avvenuto trasporto o spedizione di beni in un altro Stato membro
Come osservato nel paragrafo precedente, la Direttiva IVA non indica le modalità attraverso le quali gli operatori possono dimostrare l'avvenuto trasporto o spedizione nell'altro Stato dell'Unione affinché sia riconosciuta l'esenzione dell'operazione stessa.
Al livello unionale, si è osservato [4] come gli Stati abbiano adottato approcci differenti nell'applicare tale normativa e ciò abbia creato una situazione di incertezza e di difficoltà per le imprese. Al fine di migliorare gli scambi commerciali, fornendo soluzioni pratiche per le imprese e garanzie per le amministrazioni fiscali, il Consiglio dell'Unione Europea ha quindi ritenuto necessario individuare talune circostanze in cui i beni dovrebbero essere considerati spediti o trasportati dallo Stato membro di cessione verso una destinazione esterna rispetto al loro territorio ma comunque nella Comunità, creando, così, le condizioni per garantire l'applicazione armonizzata della non imponibilità prevista per le cessioni intracomunitarie nell'ambito del mercato unico.
In particolare, è stata introdotta una presunzione relativa circa l'avvenuto trasporto di beni in ambito comunitario (paragrafo 1, lettere a) e b), dell'articolo 45- bis del Regolamento IVA). La Commissione ha fornito alcuni chiarimenti in merito a tale disposizione con le Note Esplicative sui "quick fixes 2020", pubblicate a dicembre 2019.
In particolare, vengono disciplinate le ipotesi in cui:
a) i beni siano stati spediti o trasportati dal venditore o da un terzo per suo conto (lettera a) del paragrafo 1 dell'articolo 45-bis in commento); e
b) quella in cui i beni siano stati trasportati dall'acquirente o da un terzo per suo conto (lettera b) del paragrafo 1 del medesimo articolo 45-bis).
Nella prima fattispecie (lettera a), per beneficiare della presunzione di trasporto, il venditore, oltre a dichiarare che i beni sono stati spediti o trasportati da lui o da terzi per suo conto, dovrà produrre almeno due documenti, non contraddittori e provenienti da soggetti diversi tra loro e indipendenti sia dal venditore che dall'acquirente. Tali documenti sono quelli indicati al paragrafo 3, lettera a) dell'articolo 45-bis: si tratta dei documenti relativi al trasporto o alla spedizione dei beni (ad esempio un documento o una lettera CMR riportante la firma del trasportatore, una polizza di carico, una fattura di trasporto aereo, oppure una fattura emessa dallo spedizioniere).
In alternativa, il venditore potrà presentare, oltre alla dichiarazione che i beni sono stati spediti o trasportati da lui o da terzi per proprio conto, un documento di cui al citato paragrafo 3, lettera a) e uno qualsiasi dei documenti indicati alla successiva lettera b) del medesimo paragrafo 3, ovvero:
i) una polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni o i documenti bancari attestanti il pagamento per la spedizione o il trasporto dei beni;
ii) documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità, ad esempio da un notaio, che confermano l'arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione;
iii) una ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato membro di destinazione che confermi il deposito dei beni in tale Stato membro.
Nella seconda fattispecie (lettera b), in cui il trasporto viene effettuato dall'acquirente oppure da un terzo per suo conto, l'acquirente stesso deve fornire al venditore, entro il decimo giorno del mese successivo alla cessione, una dichiarazione scritta dalla quale dovranno risultare la data del rilascio, il nome e l'indirizzo dell'acquirente, la quantità e la natura dei beni ceduti, la data e il luogo del loro arrivo, l'identificazione della persona che ha accettato i beni per conto dell'acquirente e, qualora si tratti di mezzi di trasporto, il numero di identificazione del mezzo.
In particolare, si precisa che la trasmissione al venditore della dichiarazione scritta da parte dell'acquirente oltre il termine del "decimo giorno del mese successivo alla cessione", previsto all'articolo 45-bis, paragrafo 1(b)(i), non preclude la possibilità per il venditore di beneficiare della presunzione in presenza di tutte le altre condizioni previste dal medesimo articolo (cfr. par. 5.3.8. delle Note esplicative).
Tale dichiarazione dovrà essere posseduta dal venditore insieme ad almeno due dei documenti relativi al trasporto delle merci, di cui alla lettera a) del paragrafo 3 dell'articolo 45-bis, oppure ad un documento di trasporto di cui alla lettera a) unitamente ad un documento relativo agli altri mezzi di prova indicati nella lettera b) del medesimo paragrafo 3.
Si ritiene che la presunzione in esame possa essere riconosciuta anche in relazione alle operazioni realizzate ante 1° gennaio 2020 qualora il contribuente possieda un corredo documentale integralmente coincidente con le indicazioni della norma richiamata.
In altri termini, anche precedentemente al 1° gennaio 2020, in presenza della documentazione di prova ritenuta idonea ai sensi dell'articolo 45-bis, la stessa deve essere ammessa (con forza di presunzione relativa) quale dimostrazione dell'avvenuto arrivo dei beni nell'altro Stato membro.
Come chiarito nelle Note esplicative "quick fixes 2020", è invece esclusa l'applicazione della presunzione che le merci siano state trasportate o spedite in altro Stato membro qualora il trasporto o la spedizione siano stati effettuati dal cedente o dal cessionario senza l'intervento di altri soggetti come, ad esempio, lo spedizioniere o il trasportatore (par. 5.3.5.). Questo perché gli elementi di prova non contraddittori richiesti ai fini dell'applicazione della presunzione in commento devono, per espressa previsione dell'articolo 45-bis, provenire da due parti indipendenti tra loro, dal venditore e dall'acquirente.
Il Comitato IVA ha chiarito che, ai fini della disciplina in esame, non è possibile considerare due parti come "indipendenti" quando le stesse facciano parte del medesimo soggetto giuridico (è il caso, ad esempio, di stabile organizzazione e casa madre) ovvero si tratti di soggetti legati da vincoli familiari o altri stretti legami personali, gestionali, associativi, proprietari, finanziari o giuridici quali definiti dagli Stati membri (es., amministratore delegato e società amministrata; società legate da rapporti di controllo ai sensi dell'articolo 2359 del Codice civile) [5].
3. Rapporto tra la presunzione di cui all'articolo 45-bis del Regolamento IVA e la prassi nazionale in materia di prova del trasporto nella cessione intracomunitaria
La presunzione contenuta nell'articolo 45-bis del Regolamento IVA è applicabile solo qualora la documentazione in possesso del contribuente risponda ai requisiti ivi previsti.
Tuttavia, le Autorità fiscali dei Paesi UE conservano comunque la facoltà di superare la presunzione dell'avvenuto trasporto o spedizione intracomunitaria (cfr. par. 2 del citato articolo 45-bis).
Ciò si può verificare quando l'Amministrazione finanziaria viene in possesso di elementi che dimostrino che il trasporto intracomunitario non si è effettivamente realizzato. Si richiamano, a titolo semplificativo, il caso in cui nel corso di un controllo si riscontri che i beni sono ancora giacenti nel magazzino del venditore o il caso in cui si venga a conoscenza di un incidente durante il trasporto che ha comportato la distruzione dei beni. In tali circostanze, sussistendo le prove che il trasporto comunitario non è avvenuto, la non imponibilità dell'operazione di cui all'articolo 41 del D.L. n. 331 del 1993 non può essere riconosciuta.
Un'altra ipotesi in cui la presunzione dell'avvenuto trasporto intracomunitario può essere superata si ha quando l'Amministrazione finanziaria dimostri che uno o più tra i documenti obbligatoriamente richiesti ai fini della presunzione e forniti come mezzi di prova contengono informazioni non corrette o addirittura false (cfr. par. 5.3.4. delle Note esplicative).
In tal caso, come in ogni altra ipotesi in cui non si è in possesso della documentazione specificamente richiesta dalla disposizione unionale ai fini dell'applicazione della presunzione, il contribuente conserva la possibilità di dimostrare con altri elementi oggettivi di prova che l'operazione sia realmente avvenuta (cfr. anche par. 5.3.3. delle Note esplicative).
L'articolo 45-bis in commento, infatti, non preclude agli Stati membri l'applicazione di norme o prassi nazionali ulteriori in materia di prova delle cessioni intracomunitarie, eventualmente più flessibili della presunzione prevista dal Regolamento IVA (cfr. par. 5.3.2).
Così ricostruito il vigente quadro normativo comunitario, la scrivente ritiene che, allo stato, in tutti i casi in cui non si renda applicabile la presunzione di cui all'articolo 45-bis, possa continuare a trovare applicazione la prassi nazionale, anche adottata prima dell'entrata in vigore del medesimo articolo in tema di prova del trasporto intracomunitario dei beni. Resta inteso, ad ogni modo, che detta prassi nazionale individua documenti, la cui idoneità a provare l'avvenuto trasporto comunitario è comunque soggetta alla valutazione, caso per caso, dell'amministrazione finanziaria (cfr. Note esplicative, par. 5.3.3.).
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Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le istruzioni fornite con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.
IL DIRETTORE DELL'AGENZIA
Ernesto Maria Ruffini
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[1] La disposizione è stata infatti introdotta dal Regolamento UE 2018/1912 del 4 dicembre 2018.
[2] Disposizione che recepisce l'articolo 138 della direttiva 112/2006/CE.
[3] Circostanza che ha determinato anche un significativo contenzioso, con pronunce giurisdizionali non sempre convergenti.
[4] Cfr. il preambolo (c.d. "considerando") del Regolamento UE 2018/1912 del 4 dicembre 2018.
[5] Cfr. Linee Guida risultanti dalla 113° riunione del Comitato IVA del 3 giugno 2019. Si tratta dei criteri individuati dall'articolo 80 della Direttiva IVA con riferimento alla possibilità di applicare il valore normale in luogo del corrispettivo per le transazioni tra "parti correlate".
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