Cass. civ. sez. VI - Ord. 24/10/2018 n. 26966 - Responsabilità per cose in custodia – art 2051 c.c. – presunzione – responsabilità dell’ente proprietario di una strada – cantiere di lavori – strada aperta alla circolazione – responsabilità del appaltatore
Cassazione VI Sezione Civile - Ordinanza n. 26966 del 24 ottobre 2018
Responsabilità per cose in custodia – art 2051 c.c. – presunzione – responsabilità dell’ente proprietario di una strada – cantiere di lavori – strada aperta alla circolazione – responsabilità del appaltatore - sussistono
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SESTA SEZIONE CIVILE - 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Presidente: Francesco TRIFONE
Rel. Consigliere: Fulvio UCCELLA
ha pronunciato la seguente
Ordinanza
Ritenuto
che, con ricorso affidato a due motivi, il Comune di Mentana ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Roma, in data 15 aprile 2016, che, in riforma della decisione del Tribunale di Tivoli, accoglieva la domanda risarcitoria proposta da A. A. per i danni patiti in conseguenza della caduta a terra (con gravi lesioni personali) avvenuta su una strada dell'anzidetto Comune, sulla quale erano in corso lavori di rifacimento, a causa della presenza di una buca e di un dislivello non segnalati, né protetti;
che la Corte territoriale, nel riconoscere sussistente la responsabilità la art. 2051 c.c. del Comune appellato, osservava:
1) che, in base alle risultanze di causa (documentazione fotografica, deposizioni testimoniali, c.t.u. medico-legale), era stato provato che la A. A. era caduta a causa di una buca presente sul manto stradale, con dislivello ricoperto da materiale di riporto, senza segnalazioni o protezioni;
2) che, pertanto, in presenza di "una obiettiva pericolosità dei luoghi", era dimostrato il nesso di causalità tra cosa ed evento, senza che si potesse addebitare una concorrente condotta negligente della A. A. (costretta a transitare nel punto insidioso),
3) che, trattandosi di strada aperta al pubblico, seppur interessata da lavori in corso appaltati, il Comune proprietario della strada rimaneva comunque custode responsabile ai sensi dell'art. 2051 c.c.;
che resiste con controricorso A. A.;
che la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale la controricorrente ha depositato memoria, con cui chiede anche la liquidazione delle spese legali sostenute nel procedimento ex art. 373 c.p.c., attivato dal Comune di Mentana, e conclusosi con ordinanza di rigetto della Corte di appello di Roma del 24 febbraio 2017; che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.
Considerato che:
a) con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043 e 2697 c.c., per aver la Corte territoriale, male applicando l'art. 2051 c.c., ritenuto custode della strada il Comune convenuto nonostante l'estensione notevole della stessa e, comunque, l'esistenza di un appalto di lavori, per cui il custode avrebbe dovuto ravvisarsi nell'appaltatore e semmai la P.A. avrebbe potuto rispondere soltanto per difetto di manutenzione ai sensi dell'art. 2043 c.c.;
a.1) il motivo è inammissibile ai sensi dell'art. 360-/vie, n. 1, c.p.c., altresì proponendo censure che si astraggono dall'effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata, prescindendo dall'accertamento di fatto in essa raggiunto, ossia che il teatro del sinistro era una strada aperta al pubblico.
Di qui, pertanto, l'applicazione corretta da parte della Corte territoriale dei principi di diritto (Cass. n. 2481/2018 e Cass. n. 15882/2013) - su cui si infrangono le doglianze di parte ricorrente - secondo cui l'ente proprietario di una strada si presume responsabile, ai sensi dell'art. 2051 c.c., dei sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo immanente connesse alla struttura ed alla conformazione della stessa e delle sue pertinenze; allorquando, poi, la strada è interessata da un cantiere di lavori, ma risulti ancora adibita al traffico e, quindi, utilizzata a fini di circolazione, tale situazione denota la conservazione della custodia da parte dell'ente titolare della strada, sia pure insieme all'appaltatore con conseguente responsabilità ai sensi dell'art. 2051 cod. civ. in capo all'ente, oltre che all'appaltatore (la cui posizione, però, nella specie non rileva in quanto non evocato in giudizio, essendo il Comune convenuto l'unico responsabile ai sensi dell'art. 2055 c.c. nei confronti della danneggiata);
b) con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2051 e 2697 c.c., "con riguardo al nesso di causalità tra l'evento ed il danno alla salute lamentato) per aver la Corte territoriale errato a ritenere che l'effettiva pericolosità della cosa fosse stata dimostrata in base alle risultanze agli atti (foto e deposizioni testimoniali), là dove il comportamento disattento tenuto dalla A. A. era tale da integrare il caso fortuito ex art. 2051 c.c. ed elidere il nesso di causalità tra cosa e danno;
b.1) il motivo è inammissibile, in quanto, lungi dal dedurre effettivamente degli errores in iudicando (del resto, non ravvisabili nella decisione assunta dalla Corte territoriale, che ha orientato l'indagine proprio in ragione della prova del nesso di eziologico tra cosa ed evento lesivo, tenuto conto della obbiettiva pericolosità della stessa res ed escludendo, per la particolare insidia, siccome imprevedibile ed inevitabile, un concorso di responsabilità ex art. 1227 c.c. della A. A.), rivolge le censure contro il presupposto accertamento di fatto del giudice del merito, neppure prospettando un omesso esame di fatti storici decisivi in base al vigente n. 5 dell'art. 360 c.p.c., bensì proponendo una diversa lettura delle risultanze probatorie, quale denuncia inammissibile anche sotto il regime del previgente citato n. 5 dell'art. 360 c.p.c.;
che il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità e di quelle del sub-procedimento ex art. 373 c.p.c., come liquidate in dispositivo;
che, infatti, competono alla controricorrente anche le spese di detto sub-procedimento attivato dal Comune di Mentana, e conclusosi con ordinanza di rigetto della Corte di appello di Roma del 24 febbraio 2017, che spetta a questa Corte (tra le tante, Cass. n. 16121/2011), una volta prodotti i relativi documenti con le forme e i termini dell'art. 372 c.p.c. (come avvenuto nella specie), liquidare, con i parametri propri del giudizio di legittimità, attesa la funzionalizzazione di tale subprocedimento a detto giudizio (Cass. n. 19357/2012);
che si deve provvedere alla distrazione di tali spese in favore dell'avv. Veronica Mercuri, difensore della A. A. soltanto nel subprocedimento ex art. 373 c.p.c., in quanto richieste dall'avv. Raffaele Scialò, difensore delle medesima A. A. in questa sede di legittimità, in forza di procura speciale a margine del controricorso; che in tal senso depone l'interpretazione del combinato disposto degli artt. 93 e 373 c.p.c.;
che, difatti, il primo comma dell'art. 93 c.p.c. consente al difensore "con procura" di chiedere al giudice, "nella stessa sentenza in cui condanna alle spese", la distrazione di onorari e spese non soltanto in suo favore, ma anche in favore "degli altri difensori";
che, pertanto, poiché la liquidazione delle spese del subprocedimento ex art. 373 c.p.c. spetta, come detto, unicamente a questa Corte nell'ambito del giudizio di legittimità, la richiesta del difensore con procura in questa sede può estendersi, quanto alle spese del subprocedimento ex art. 373 c.p.c., anche in favore del difensore della parte che tale sia stato esclusivamente nel citato subprocedimento e non già nel giudizio di cassazione, altrimenti non potendo quest'ultimo, ove anticipatario nel predetto subprocedimento, beneficiare della distrazione delle spese in suo favore.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento:
- delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della controricorrente, in euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge;
- delle spese del sub procedimento ex art. 373 c.p.c., che liquida, in favore della controricorrente, in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione in favore dell'avv. Veronica Mercuri.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-3 civile di questa Corte di Cassazione, il 18 luglio 2018.
Il Presidente: FRASCA
Il Consigliere estensore: VINCENTI
Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2018.
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