Risorge “l'inseguimento investigativo”? La risposta nell'articolo! (G. Dongiovanni)
Prima di addentrarci nei complessi ragionamenti degli illustri giuristi della Corte Suprema di Cassazione, dobbiamo soffermarci sul significato del sostantivo inseguimento, che deriva dal verbo inseguire.
L'Enciclopedia Italiana di scienze, lettere ed arti, comunemente nota come La Treccani, così definisce “Inseguire “”v. tr. [dal lat. insĕqui, comp. Di in-1 e sequi «seguire»] (io inséguo, ecc.). – 1.Correre dietro a chi fugge, o anche a chi corre, cercando di raggiungerlo (di solito con intenzione ostile, o anche per afferrarlo, arrestarlo, e talvolta solo per superarlo)” .
Appare evidente che non si possa correre dietro a chi fugge, senza vederlo o senza percepirne le tracce. Il legislatore aveva espressamente contemplato l'inseguimento della polizia giudiziaria nell'art. 382 c.p.p. (“È in stato di flagranza chi viene colto nell'atto di commettere il reato ovvero chi, subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima “).
L'inseguimento, nel corso degli anni, si è trasformato “nell'arte dell'inseguire”; l'investigazione, continua, senza interruzioni, diveniva lo strumento per tenere “in vita” la flagranza di reato, affinché si potesse procedere all'arresto. Lo scopo delle attività di polizia giudiziaria, in troppi casi, non è stato il ricercare le fonti di prova ma il poter procedere alla semplice e, talvolta, sbrigativa applicazione della misura precautelare dell'arresto. La PG intendeva soddisfare il bisogno di immediata giustizia dell'opinione pubblica.
Ogni operatore di polizia conosce il profondo significato dell'art. 13 della Carta Costituzionale, i cui principi conferiscono carattere di eccezionalità all'adozione di misure provvisorie della limitazione della libertà personale (come l'arresto della p.g.).
Non è un caso che le Sezioni unite penali della Corte di Cassazione, negli anni scorsi, abbiano dovuto circoscrivere il campo d'azione dell'inseguimento investigativo, ascrivibile al c.d. concetto di “quasi flagranza”.
“In tema di arresto operato dalla polizia giudiziaria, non sussiste lo stato di flagranza di reato qualora la misura precautelare sia stata eseguita sulla base di informazioni della vittima o di terzi fornite nella immediatezza del fatto, poiché il concetto di inseguire non ricomprende l’accezione, in senso figurativo, di “inseguimento investigativo”, integrato dalla incalzante attività investigativa posta in essere dopo la commissione del fatto. Non è pertanto legittimo l’arresto qualora manchi, in chi vi procede, l’immediata e autonoma percezione delle tracce del reato e il relativo collegamento inequivocabile con l’indiziato. Parimenti, non è legittimo l’arresto operato sulla scorta di percezione di testimoni o di dichiarazioni confessorie dall’accusato, giacché, in assenza di diretta cognizione del fatto di reato, si richiede un apprezzamento di elementi probatori estranei alla ratio dell’istituto.
Corte di Cassazione, Sezioni unite penali, sentenza 24 novembre 2015 – 21 settembre 2016, n. 39131/16
Presidente Santacroce, Relatore Davigo
Il principio è elementare: deve esserci un nesso, concreto e tangibile, che colleghi l'inseguito all'inseguitore. Non sono sufficienti le dichiarazioni della p.o., delle persone informate sui fatti e nemmeno la confessione dell'arrestato.
L'inseguimento scaturisce dalla diretta cognizione delle tracce e degli effetti del reato, degli elementi oggettivi raccolti dalla p.g..
Il tema è stato chiaramente trattato dalla seconda sezione della Corte di Cassazione, con sentenza n. 19948 del 4 aprile 2017, dep. 26 aprile 2017, Rv. 270317-01, P.M. in proc. Rosca, che ha affermato : "in tema di arresto operato d'iniziativa dalla polizia giudiziaria nella quasi flagranza del reato, il requisito - previsto dall'art. 382, comma primo, c.p.p. - della "sorpresa" dell'indiziato "con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima" non richiede che la P.G. abbia diretta percezione dei fatti, né che la sorpresa avvenga in modo non casuale, correlandosi invece alla diretta percezione da parte della stessa soltanto degli elementi idonei a farle ritenere sussistente, con altissima probabilità, la responsabilità del medesimo, nei limiti temporali determinati dalla commissione del reato "immediatamente prima", locuzione dal significato analogo a quella ("poco prima") utilizzata dal previgente codice di rito, di cui rappresenta una mera puntualizzazione quanto alla connessione temporale tra reato e sorpresa “.
Se ne rileva che l'inseguimento investigativo parrebbe ritrovare legittimazione, purché, evidentemente, non basato su informazioni testimoniali. Il perno su cui ruota la legittimazione dell'arresto non è la diretta percezione dei fatti ma bensì delle fonti di prova idonee a determinare la responsabilità del reo nell'immediatezza del fatto.
La lettura della sentenza del 2017 ha aperto dunque nuovi scenari e ha riproposto il tema del “tempo”, del limite temporale della “flagranza”.
Il recentissimo intervento della Corte di cassazione
Sezione II penale
- Sentenza 14 giugno 2019, n. 37303 – sembra poter fornire elementi utili a dirimere la questione:
“L'elemento rilevante ai fini della flagranza è dunque che la polizia giudiziaria percepisca in modo diretto gli elementi che inducano a ritenere con elevata probabilità la responsabilità dell'arrestato. La percezione diretta rinvia a una immediatezza di intervento rispetto al fatto-reato, e quindi a seguito delle primissime indagini, in assenza della sorpresa del responsabile da parte della polizia giudiziaria nell'atto di commettere l'illecito. Nella specie l'immediatezza è costituita dal brevissimo intervallo temporale - riassunto nell'espressione "immediatamente dopo la consumazione del fatto" …...Le "cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima"…..la nozione di cose o tracce dalle quali emerga che egli abbia commesso il reato poco prima non fa coincidere necessariamente quelle cose o quelle tracce con il compendio del reato. ….” .
La conclusione del nostro inseguimento per la ricerca degli elementi idonei a circoscrive i casi di quasi-flagranza giunge con la sentenza di novembre 2019. Un caso di estrema attualità poiché connesso all'attività di infortunistica stradale e, quindi, di particolare interesse per la polizia locale:
“Non sfugge che la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che è illegittimo l'arresto in flagranza operato dalla polizia giudiziaria sulla base delle informazioni fornite dalla vittima o da terzi nell'immediatezza del fatto, poichè, in tale ipotesi, non sussiste la condizione di "quasi flagranza", la quale presuppone l'immediata ed autonoma percezione, da parte di chi proceda all'arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l'indiziato. Il principio è stato affermato in riferimento al reato di fuga dopo un incidente stradale: la Suprema Corte ha ritenuto esente da censure l'ordinanza di non convalida dell'arresto in quanto eseguito all'esito di investigazioni durate circa ventuno ore, con assunzione di sommarie informazioni e verifiche sui veicoli coinvolti (Sez. 4, n. 23162 del 13/04/2017, dep. 11/05/2017, Visonà, Rv. 270104). Occorre peraltro ricordare che, analizzando una fattispecie del tutto sovrapponibile a quella che oggi occupa, la Corte Suprema ha annullato l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari che, in considerazione del lasso di tempo trascorso dal fatto alla redazione del verbale di arresto, non aveva convalidato l'arresto della persona che si era data alla fuga dopo un incidente stradale. Nel caso, la Polizia era giunta sul posto pochi minuti dopo il sinistro e, senza intervalli temporali, aveva proceduto all'accertamento dei fatti ed alla identificazione dell'autore del reato, tratto in arresto presso l'abitazione; come detto, la Corte regolatrice ha ritenuto sussistente la "quasi flagranza", posto che gli operanti, verificata la appartenenza del tergicristallo sequestrato accanto alla vittima, sul luogo dell'incidente, alla vettura in possesso della indagata, avevano constatato la riferibilità alla prevenuta di tracce del reato commesso poco tempo prima (Sez. 4, n. 1797 del 18/10/2018, dep. 16/01/2019, Rv. 274909). Si deve, dunque, in questa sede ribadire, per condivise ragioni, che la quasi flagranza di reato ricorre quando l'arresto è operato dalla polizia giudiziaria sulla base della immediata ed autonoma percezione delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l'indiziato.
Nel caso che si esamina, i verbalizzanti rinvennero, nell'immediatezza del fatto, sul luogo del sinistro, un logo di plastica riferibile alla marchio SMART. Ritenendo che il frammento si fosse staccato dall'auto investitrice, a causa dell'impatto con il corpo del pedone rovinosamente investito, gli agenti si misero alla ricerca di una vettura corrispondente alle caratteristiche inferibili dal logo di cui si è detto. Nel volgere di poche ore, individuarono una vettura SMART, con il parabrezza gravemente danneggiato, parcheggiata sulla pubblica via; decisero allora di recarsi presso l'abitazione dell'intestatario del veicolo, tale P.E., ove trovarono F.M., figlio dell'intestataria del mezzo, il quale rese nell'immediatezza dichiarazioni confessorie sull'investimento e sulla successiva fuga. Come si vede, gli elementi fattuali indicati dallo stesso giudicante evidenziano che i verbalizzanti che procedettero all'arresto ebbero immediata percezione delle tracce del reato e della loro riconducibilità all'indiziato, nei termini ora riferiti. Si tratta di evenienze che valgono conclusivamente a ritenere integrata, rispetto ad entrambe le fattispecie in addebito, l'ipotesi della "quasi flagranza", che, secondo diritto vivente, si realizza allorquando vi sia la immediata ed autonoma percezione, da parte di chi procede all'arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l'indiziato (Sez. U, n. 39131 del 24/11/2015, P.M. in proc. Ventrice, Rv. 267591). E' poi appena il caso di rilevare che l'arresto intervenne nel volgere di meno di cinque ore dal mortale investimento e dalla susseguente fuga, di talchè non è dato apprezzare la rilevanza della ulteriore questione relativa della possibile dilatazione temporale dello stato di flagranza del reato di fuga ex art. 189 C.d.S., comma 6, oltre le ventiquattro ore dal fatto, nè il concreto interesse delle parti a disquisire sul punto. 3. In conclusione, il provvedimento impugnato, vulnerato dalle censite aporie motivazionali, deve essere annullato senza rinvio. La giurisprudenza di legittimità ha infatti chiarito che l'annullamento, da parte della Suprema Corte di Cassazione, dell'ordinanza di non convalida dell'arresto in flagranza va disposto senza rinvio, con l'indicazione che l'arresto è stato effettuato legittimamente. Al riguardo, si è precisato che, in caso di accoglimento del ricorso per cassazione del pubblico ministero, avverso l'ordinanza di diniego della convalida di arresto, l'annullamento deve essere disposto senza rinvio, poichè il ricorso, avendo ad oggetto la rivisitazione di una fase ormai definitivamente perenta, è finalizzato esclusivamente alla definizione della correttezza dell'operato degli agenti di polizia giudiziaria; e che l'eventuale rinvio Pagina 4 di 5 del provvedimento impugnato solleciterebbe soltanto una pronuncia meramente formale, senza alcuna ricaduta di effetti giuridici. E si è osservato che, al fine di fare salva la valutazione della legalità dell'arresto da parte dei verbalizzanti, occorre inserire nel dispositivo la formula aggiuntiva "perchè l'arresto è stato effettuato legittimamente" (Sez. 3, sentenza n. 26207 del 12.05.2010, Rv. 247706). “
Bene, questa sentenza conferma che l'inseguimento investigativo è vivo e vitale, purché non sia fondato su indicazioni delle persone informate sui fatti o della p.o.. Il focus dell'arresto operato in quasi-flagranza è la diretta e oggettiva percezione delle fonti di prova da parte della polizia giudiziaria e l'inseguimento, incessante, effettuato per mezzo di questa.
In questo specifico caso, la S.C. ha ritenuto che l'inseguimento investigativo potesse durare cinque ore.
Dongiovanni dott. Giovanni
Comandante del Corpo di Polizia Locale di S. Giuliano Milanese